Negli ultimi tempi, mi capita abbastanza di frequente che, chiacchierando di Mutuo Soccorso, alcuni che non hanno mai frequentato il mondo delle SOMS mi chiedano: “Scusa ma, al giorno d’oggi, le Società di Mutuo Soccorso hanno ancora senso di esistere?” Altri, invece, che frequentano da anni le Società di Mutuo Soccorso ma che, per ragioni sostanzialmente anagrafiche, hanno vissuto solo il periodo delle Società ridotte a bar di paese e organizzatrici di sagre e cene sociali, non di rado chiedono: “Ma chi vuoi che interessino le vostre convenzioni e le vostre giornate di prevenzione?”
Dal mio punto di vista, le Società di Mutuo Soccorso hanno più senso di esistere oggi di quanto non ne avessero quindici o vent’anni fa e la ragione di ciò è da ricercarsi soprattutto nel progressivo smantellamento dello stato sociale, dovuto in particolar modo alla crisi economica (ma non solo). Questo, però, è solo il mio punto di vista…
Per provare a rispondere e a fornire allo stesso tempo informazioni più autorevoli, vorrei appoggiarmi ad un documento ufficiale presentato il due dicembre scorso dal presidente dell’ISTAT Giorgio Alleva: il “Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile” in Italia (Bes 2015) e, in particolare, alla sezione riguardante la Provincia di Alessandria.
Pur prendendo in considerazione i soli indicatori legati più o meno direttamente al tema della salute, il confronto tra dati provinciali, regionali e nazionali risulta essere particolarmente interessante.
Nella nostra provincia, il tasso di mortalità infantile, da intendersi come decessi nel primo anno di vita, risulta purtroppo peggiore (4,4‰) di quello riscontrato nel contesto nazionale (3‰) e quasi doppio rispetto a quello piemontese (2,3‰).
Allo stesso modo, i tassi di mortalità per tumore nella popolazione adulta e quelli per demenza nelle persone anziane (10,5‱ e 33,9‱) superano le rispettive medie sia dell’intero territorio nazionale (8,9‱ e 27,3‱), sia di quello regionale (9,1‱ e 30,4‱). Nel caso della demenza, si tratta di una patologia che, prima di portare al decesso, comporta importanti conseguenze negative sul benessere fisico, psicologico ed emotivo, oltre ad ingenti costi sociali ed economici, sia per quanti ne sono colpiti direttamente, sia per le rispettive famiglie.
La provincia di Alessandria, infine, si segnala per l’elevata “emigrazione ospedaliera” (11,2%), superiore alla media del Paese (6,3%) e a quella della regione (5,4%) ed incamera un ulteriore dato negativo riguardante i decessi dovuti a mortalità per cause classificate come potenzialmente evitabili (6,4‱ contro il 5,3‱ nazionale e il 5,4‱ regionale).
Allargando poi il confronto anche ad altri indicatori che comunque coinvolgono il tema salute, si evidenziano aspetti negativi anche tra i dati riguardanti l’ambiente e la sicurezza sul lavoro. L’inquinamento dell’aria, con conseguente allerta per la salute umana, rimane molto critico a causa del superamento dei limiti per le polveri sottili (PM10): limitatamente al capoluogo provinciale, i giorni in cui i valori hanno superato i parametri consentiti sono 92 rispetto ai 44 della media nazionale. Per quanto riguarda la sicurezza sui luoghi di lavoro, invece, il rischio di rimanere vittima di un infortunio durante lo svolgimento dell’attività lavorativa risulta più elevato in ambito provinciale rispetto alla media nazionale e ancor più in confronto a quanto si riscontri in generale in Piemonte. Rispetto alla media regionale, inoltre, si rileva un rischio maggiore di infortuni gravi, di quelli cioè che comportano la disabilità permanente o addirittura la morte.
Per ovvie ragioni, i valori forniti non possono ancora rilevare gli effetti della politica di tagli messa in atto dall’amministrazione regionale nell’ultimo anno, nè della improvvisa e preoccupante impennata del tasso di mortalità nazionale 2015 (+11.3%, vedi Gian Carlo Blangiardo, Neodemos, 22/12/2015). Anche a fronte di questi soli dati e in un quadro di crisi economica e occupazionale tutt’altro che risolta, però, mi pare abbastanza facile comprendere come qualsiasi offerta diretta a migliorare in qualche modo l’accesso ad una qualsiasi attività diagnostica e di prevenzione a costi ridotti possa rivelarsi importante non solo per le fasce più deboli della popolazione. Pur se su una scala molto ridotta, il successo ottenuto dalle esperienze delle Società di SOMSInsieme che hanno già sperimentato l’organizzazione di giornate dedicate alla prevenzione di specifiche patologie è una precisa conferma di ciò, soprattutto nei casi in cui tali esperienze sono andate a sovrapporsi a carenze e vuoti del Servizio Sanitario Nazionale.
Dare quindi una risposta legata al nostro ambito territoriale è abbastanza facile: sì, le Società di Mutuo Soccorso hanno certamente ragione di continuare ad esistere, a patto che continuino a riappropriarsi delle loro prerogative e del loro campo d’azione tradizionale, magari avviando proprio nuove attività legate alla prevenzione e alla tutela ambientale. Per quanto riguarda l’ambito nazionale è sufficiente leggere con un minimo di attenzione i dati del sistema Italia per capire non solo che la risposta è esattamente la stessa ma che le SMS devono tornare ad occuparsi anche di educazione, di lavoro, di integrazione, con buona pace di chi ha messo insieme, senza troppo considerare l’opinione altrui, una modifica legislativa ignorante e anacronistica.
Certo, per chi vuole continuare a scimmiottare le Pro Loco, i circoli privati, i sushi-bar e le sagre del gnocco fritto e del lardo fresco…
– Daniele, presidente dimissionario della SMS di Castellar Ponzano
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