Una via per le piccole SOMS? Riscrivere la legge 3818/1886


Quest’anno, la modifica della legge 15 aprile 1886 num. 3818, “Costituzione legale delle Società di Mutuo Soccorso” compie dieci anni.

Dieci anni che per le Società di Mutuo Soccorso, soprattutto per quelle più piccole, hanno rappresentato una continua rincorsa ad ostacoli tra decreti, riforme, modifiche, deroghe, proroghe, iscrizioni, cancellazioni, supposizioni, concessioni, imposizioni, obblighi, divieti, notai, commercialisti, nuovi Statuti, registri, Camere di Commercio. Naturalmente, il tutto condito da costi di gestione sempre più alti, dalle attività ridotte al lumicino, da politici e rappresentanti incapaci di leggere le esigenze reali del movimento mutualistico e dei singoli soci e, tanto per non farsi mancare nulla, da due anni di pandemia.

Dieci anni in cui dirigenti, coordinamenti, federazioni, notai, commercialisti, raramente hanno saputo dire con chiarezza e con certezza cosa si doveva fare.

Dieci anni in cui tante piccole storiche Società di Mutuo Soccorso hanno chiuso i battenti o hanno maturato la voglia di trasformarsi o si sono ritirate dietro ad un italianissimo “Ma facciano un po’ quello che vogliono! Se poi avranno tutta ‘sta voglia di venire a controllare una SOMS in un paesino come questo, si accomodino! Sai le risate …”.

Dieci anni in cui, per le Società di Mutuo Soccorso, le buone notizie sono state più rare di un maiale allo spiedo a casa di un vegano.

Una delle cause di questa situazione, certo non la sola ma sicuramente la più importante, è stata proprio la discutibile modifica della legge 3818 del 1886, una legge che, nonostante l’età, avrebbe avuto solo il bisogno di rifarsi il trucco ma che, invece, si è scelto di mettere nelle mani del chirurgo plastico. Peccato che il consenso informato, firmato per delega solo da una parte delle Società italiane, alla fine non abbia rivelato che il chirurgo era in realtà un semplice cerusico cavadenti e, forse, neanche proprio disinteressato.

Oggi, grazie alla modifica del 2012, le SMS possono erogare:

  • trattamenti e prestazioni socio-sanitarie nei casi di infortunio, malattia ed invalidità al lavoro, nonché in presenza di inabilità temporanea o permanente”;
  • “sussidi in caso di spese sanitarie sostenute dai soci per la diagnosi e la cura delle malattie e degli infortuni”;
  • “servizi di assistenza familiare o di contributi economici ai familiari dei soci deceduti”;
  • “contributi economici e di servizi di assistenza ai soci che si trovino in condizione di gravissimo disagio economico a seguito dell’improvvisa perdita di fonti reddituali personali e familiari e in assenza di provvidenze pubbliche”.

Possono, inoltre, “promuovere attività di carattere educativo e culturale dirette a realizzare finalità di prevenzione sanitaria e di diffusione dei valori mutualistici”.

Per tutto il resto, “Le società di mutuo soccorso non possono svolgere attività diverse da quelle previste dalla presente legge, …”.

E così la vecchiaia è scomparsa dalle possibili ragioni di un sussidio ai soci: in fondo, viste le pensioni ricchissime di cui gode la maggior parte dei nostri anziani, perché porsi il problema? Dopo tutto, vecchiaia o no, la possibilità di intervenire è prevista, in caso di bisogno e dove non vi siano già provvidenze pubbliche: non avete mai notato come si vive bene con un assegno da 450 € al mese?

Così la cooperazione all’educazione dei soci e delle loro famiglie, prevista dal testo originario della legge, è sparita dalle possibili attività di una Società di Mutuo Soccorso! In fondo, come ci hanno ripetutamente spiegato i dirigenti della Federazione Italiana, oggi che scopo avrebbe parlare di istruzione ed educazione? In fin dei conti, non siamo più nel XIX secolo e tutti sanno leggere, scrivere e far di conto. Infatti, in Italia, l’analfabetismo di ritorno è in continuo aumento; l’analfabetismo funzionale è ben al di sopra rispetto al livello medio degli altri Paesi della Comunità Europea; l’analfabetismo digitale mostra dati ancora più preoccupanti.
Banche e politici parlano di digitalizzazione e di identità digitale, di QR e di SPID, di home banking e di ETF socialmente responsabili quando buona parte dei nostri anziani, senza l’aiuto del Patronato o del nipotinodi turno, non hanno nemmeno la possibilità di chiedere un assegno di accompagnamento all’INPS perché il computer non lo sanno usare, internet quasi non sanno cos’è e se dici loro che si devono fare lo speed ti rispondono che con l’anfetamina hanno chiuso negli anni ‘70.

Se almeno il problema risalisse ad anni recenti, certe scelte potrebbero essere un poco (ma solo un poco) più comprensibili. Invece, nel gennaio 1992, la settima commissione permanente del Senato della Repubblica pubblicava il Resoconto relativo all’Indagine conoscitiva sulla dispersione scolastica, l’analfabetismo funzionale, l’analfabetismo di ritorno, i nuovi analfabetismi nella società italiana: esattamente 10 anni prima che qualche genio decidesse che non era così importante che le Società di Mutuo Soccorso si occupassero di educazione e di istruzione. E proprio nel 2012, sul sito Treccani si scriveva che “L’analfabetismo di ritorno unito all’analfabetismo funzionale, ossia all’incapacità a usare in modo efficace le competenze di base (lettura, scrittura e calcolo) per muoversi autonomamente nella società contemporanea, nel nostro Paese tocca la quota del 47%.”
(https://www.treccani.it/enciclopedia/analfabetismo-di-ritorno_(Lessico-del-XXI-Secolo)/).

Per non fare di torto a nessuno anche la possibilità di intervenire in favore dei soci per l’acquisto degli attrezzi del loro mestiere è stata considerata un inutile retaggio di un’epoca ormai lontana e molto meno civile della nostra: e, anche in questo caso, abbiamo potuto apprezzare la lungimiranza di certi cervelli, in particolare proprio in questi due anni di smart working e di DAD.

Si potrà pensare che, a fronte di alcune dimenticanze e di qualche scelta non proprio adeguata, la modifica alla 3818/1886 abbia portato, però, significative innovazioni.

Infatti, come succedeva 130 anni fa, le Società di Mutuo Soccorso possono intervenire in favore di soci che si ammalano, che hanno bisogno di diagnosticare una malattia, che si infortunano, che si curano, che restano anche temporaneamente inabili al lavoro. Possono persino intervenire in favore dei familiari dei soci che muoiono! Intervenire prima che al socio succeda qualcosa, no, vero? E perché mai intervenire sulle cause quando è tanto più facile tamponare gli effetti? Anche i bambini di sei anni sanno che è meglio prevenire che curare. Peccato che i bimbi di sei anni in Parlamento non ci vadano e chi rappresenta le Società di Mutuo Soccorso ai livelli più alti non abbia la stessa apertura mentale.
Per fortuna, c’è ancora qualche Società che ha abbastanza fantasia per travestire le attività di screening e prevenzione in “promozione di attività educative mirate alla prevenzione”. Quando devi dimostrare che fai effettivamente attività di Mutuo Soccorso, però, tutto ciò vale poco o niente. Quello che conta è solo l’articolo 1: l’attività di Mutuo Rincorso.

Hanno detto di voler aggiornare una legge della fine ‘800 adeguandola ai nostri tempi e alle esigenze di una nuova società: hanno fallito a tal punto che non sono nemmeno stati in grado di aggiornarla alle esigenze di un significato di famiglia profondamente diverso da quello del XIX secolo. Per toccare certi tasti, però, ci vuole anche un minimo di coraggio politico, soprattutto in Italia: molto meglio non approfondire troppo e demandare ad altre leggi, magari a qualche decreto attuativo che poi, in realtà, non arriverà mai.

Per qualche tempo, la nuova riforma del terzo settore ha suscitato la speranza di un intervento più o meno diretto su alcuni aspetti della vita delle Società di Mutuo Soccorso. Purtroppo, almeno per quanto riguarda le Società di Mutuo Soccorso, almeno fino ad ora, la riforma dimostra, tra ritardi, deroghe e contraddizioni, di nascere già vecchia e stanca.

Mi sbaglierò ma soprattutto per le piccole vecchie SOMS le strade da percorrere sono rimaste poche: scegliere di adeguarsi, rinunciando ad una buona fetta di autonomia e ad una parte degli scopi per cui sono nate; non adeguarsi e trasformarsi, evolvendo in qualcosa di diverso nel nome ma non nei fatti.

In un caso come nell’altro, la mia speranza è che le SOMS si rendano conto di quanto si sono dimostrate devastanti le modifiche normative di questi ultimi dieci anni e che decidano finalmente di far sentire la propria voce, in prima persona, senza delegare a chi ha dimostrato di avere un ego più grande della memoria ed un’immaginazione ben più piccola di certe ambizioni.
In un caso come nell’altro, il mio augurio è che rifiutino di farsi intrappolare in questo turbinare di false Società di Mutuo Soccorso, di assicurazioni travestite, di pseudo casse mutua quotate, di fondi sociali che hanno nella mente e nel cuore solo il mercato dell’assistenza sanitaria complementare.
In ogni caso, il mio augurio è che scelgano il meglio per loro stesse, magari cominciando a parlarsi di più, a riunire le forze tra piccole realtà dello stesso territorio, a creare quella sinergia tutta particolare che è stata la forza del Mutuo Soccorso per oltre 170 anni.

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